mercoledì 13 ottobre 2010

ITALIA-SERBIA 0-3 …Anzi, no 3 a 0


Alle 21 circa cambio canale e metto RAI1. Tengo il volume basso, però, perché il discorso che stiamo facendo è serio e interessante e non intendo distrarmi. Tanto lo schermo proietta il solito sfondo verde, come fa 5 giorni su 7, e poi ancora non si gioca. L’attenzione riprende il filo del ragionamento che va avanti per la sua strada.
All’improvviso qualcosa richiama la nostra attenzione e ci voltiamo a guardare la TV. La Polizia, i Celerini, accalcati in un angolo dello stadio – realizzo che si tratta del Ferraris di Genova –, presidiano un varco davanti alle gradinate e sfidano una tifoseria infuocata.
L’attenzione aumenta, ma che succede?, ci domandiamo, mentre spalanchiamo le orecchie per dare un senso alle voci concitate dei cronisti contenute dal volume al minimo.


“…ora la Polizia ha sgomberato fotografi e giornalisti e si prepara alla carica, tra poco ci sarà la carica…”.
“purtroppo, ancora una volta ci troviamo a dover fare la cronaca di un evento che nulla ha a che vedere con lo sport…”
“…no, pare che la carica non ci sarà. Non caricano più.”

«Ma che sta a succede lì», ripete la persona al mio affianco.
Rispondo che non lo so e mentalmente comincio ad abbozzare qualche scenario possibile:
- La Nazionale gioca col lutto al braccio per i 4 militari morti in Afghanistan;
- a Geneva tra tifoseria Ultras e antagonismo il confine è labile, lo abbiamo visto al G8.

Le telecamere intanto inquadrano scene note: facce coperte dai foulard, teste incappucciate nelle felpe, braccia muscolose e ricoperte di tatuaggi, oggetti familiari e mansueti che in un attimo si trasformano in perfetti attrezzi da devastazione.
Azzardo: «non so, forse gli Ultras contestano il minuto di raccoglimento in onore dei militari.».
Ci sta, e anche le voci severe dei cronisti sembrano confermare. Mentre si continua a non giocare.

Torniamo di nuovo al nostro discorso, ma un tarlo m’è entrato in testa e fatico a seguire la conversazione: possibile che questi quattro scalmanati siano arrivati a tanto? Possibile che si sia alzato così tanto il livello dello scontro?
Ripenso ad una notizia passata al TG qualche minuto prima: il lancio di uova alla sede della CISL, seguita dall’immancabile solita scia di triti moniti contro la violenza. Ripenso al mio commento: “uomini di pace, preparatevi alla guerra. Chi ruba il futuro delle nuove generazioni si prepari a pagarne il conto. E sappia che lo scontro sarà duro, e cruento”. E la protesta degli Ultras del Ferraris mi sembra inserirsi perfettamente nel filone dell’attacco alla sede del Sindacato Concertatore.

Intanto la contestazione continua e di giocare non se ne parla. “Ammazza che lavorone ‘sti qua”, penso mentre fatico sempre di più a seguire il discorso in casa.
La Celere controlla a distanza i rivoltosi che devastano le tribune. Sul campo, dirigenti sportivi, responsabili della sicurezza e giocatori, confabulano e corrono di qua e di là, inseguiti dalle voci dello speaker che commenta la scena come se si trattasse di un’azione da goal - penso che i commentatori del calcio non sappiano parlare diversamente e che usino lo stesso tono da cronaca anche quando fanno l’amore: “s’impossessa della tetta, la palpa con vigore… dribla la mutanda di pizzo e va in gooooooaaallllll” -.

Un coro marziale cattura la mia attenzione. Il volume del televisore sembra alzarsi all’improvviso e l’inno di Mameli che mi arriva è più fastidioso del solito.
Cosa succede? Ma sì, è chiaro! Lo stadio reagisce e intona con una sola voce l’inno patriottico in risposta al gruppetto di facinorosi.
Eccolo il Sano e Santo Popolo italiano che isola la frangia ribelle.
Ripiombo bruscamente nella realtà. L’antagonismo, l’opposizione, la ribellione, è minoritaria, minoranza, perciò va, ed è stata, giustamente emarginata, zittita. Ammutolita dal coro dei Fratelli d’Italia.
Una fitta di dolore mi attraversa da capo a piedi. Non che ciò mi sconvolga, da sempre le rivolte sono state compiute da minoranze, ma già mi immagino tutta la retorica odiosa che si scatenerà all’domani di questo evento. Un’altro, l’ennesimo, bruciante schiaffo in faccia al dissenso.


 In breve a Marassi torna la normalità e addirittura l’incontro ha inizio. L’Italia parte forte e si procura importanti azioni da goal. Torna la normalità, tutto normale, come prima, fatta eccezione per l’Italia che continua ad attaccare forte, era parecchio che non la si vedeva attaccare con convinzione. Ora ho abbandonato definitivamente la discussione e, rassegnato, provo a seguire la partita.

L’arbitro non fischia un rigore che forse c’è, ma fischia per un fatto non di gioco. Lo speaker, col solito tono da cronaca, commenta azioni fuoricampo. La telecamera inquadra un petardo esploso sull’erba. La partita è nuovamente interrotta. Definitivamente, forse. Sì, partita sospesa e vittoria a tavolino.

ZERO a TRE, ZERO a TRE a tavolino.

L’Italia perde zero a tre con la Serbia… Anzi, no. Ascolto meglio… No, è TRE a ZERO ,  TRE a ZERO a tavolino, è l’Italia a vincere. I nostri, lutto al braccio, lasciano il campo accompagnandosi con timidi applausi in direzione delle tribune.

Ma allora cos’è successo davvero? Ho sognato? Alzo il volume. Ah, ecco. E’ la tifoseria Serba autrice della rivolta, anche se non capisco per quale motivo contestano.
E sì, ora le parole dei commentatori sembrano avere un tono diverso, ancora più calzante col nuovo senso degli avvenimenti: LORO sono i cattivi e NOI i buoni.
Dietro i microfoni, voci severe e intransigenti si scagliano contro quest’assurdo spettacolo, si interrogano se i nostri poveri tifosi avranno il biglietto rimborsato: ma certamente, figuriamoci, noi siamo un paese Civile. E lo spettacolo al quale abbiamo dovuto assistere è davvero indegno.
Collovati, uno dei commentatori, è indignato, furibondo, fuori di sé: “come si può permettere – si interroga dall’alto della sua erre moscia -, come si può consentire a questa gente di venire da Noi a sfasciare i Nostri autobus, i Nostri Autogrill e a impedirci di assistere alla Nostra partita di calcio.”.

Ora riconosco l’Italia in cui vivo, la sua voce, i suoi slogan. Eccolo lo straniero che viene ad infastidirci. Eccoli i barbari, gli incivili, che stuprano le nostre donne (da noi in famiglia non succede invece), che ci rubano il lavoro, ci rubano in casa, che non rispettano delle nostre leggi. Fermiamoli!!!

...E Viva l’Italia vittoriosa 3 a 0 a tavolino sulla Serbia.

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