venerdì 15 ottobre 2010

GIALLO LATINO


 
La pioggia sferza contro le persiane con cattiveria e i loro corpi la assecondano con movimenti secchi come schiaffi. Amore e passione non gli appartengono. Traspare invece la trama ambigua che alimenta il loro piacere.
I morsi affondano nella carne, eccessivi, e le dita serrate segnano macchie sulla pelle sempre più scure.
I fiati grossi inseguono il crescendo delle spinte di lui. Poi un lampo fissa le loro sagome sulla parete e il fragore del tuono sovrasta le grida concitate dell’orgasmo.
Alla donna schizzano le pupille all’insù, oltre il bianco degli occhi, come in un attacco di epilessia, e la testa le ricade all’indietro. Poi, un rilassamento generale lascia il suo corpo inerme.
Nello stesso istante negli occhi dell’uomo corre un guizzo improvviso e le sue mani si serrano come una morsa sul collo di lei. Senza scampo. Senza lasciare spazio a una reazione.
Ancora gli occhi di lei disegnano un’orbita innaturale bloccandosi definitivamente in un’espressione terrorizzata e interrogativa.
Lui aspetta l’ultimo fremito poi lascia la presa e si alza.
Controlla l’entità dei graffi rimastigli sul corpo. Niente di che. Si riveste, e prima di decidersi a sistemare ogni cosa sente il bisogno di prendere una boccata d’aria.

Apre la porta e un muro d’acqua lo investe.
Continua a piovere ormai da ore, da giorni. Senza interrompersi mai e senza diminuire d’intensità.
L’uomo s’inerpica per la breve rampa che porta all’ingresso della villa, sulla litoranea. Attraversa la strada, completamente deserta. Supera la duna macchiata dalla vegetazione sottomessa al maltempo e davanti ai suoi occhi si apre una mareggiata sconfinata: potente. Biblica.
La striscia lunghissima di sabbia sopporta paziente gli schiaffi delle onde. Onde alte come muri nascono dentro l’orizzonte sfuocato nella pioggia. Una mareggiata che emana la stessa sconfinata potenza che l’uomo ora prova dentro di sé.

Doveva essere l’ultimo appuntamento. Era stato programmato da tempo, e per questo lui aveva avuto tutto il tempo di prepararsi al meglio: la buca già scavata e ricoperta di frasche; i sacchi di nylon comprati in un Iper; e una SIM anonima con la quale ha tenuto gli ultimi contatti con lei.
Perfino quel tempaccio sembrava programmato. In giro, neanche un’anima. Neanche l’ombra degli operai rumeni che d’inverno rifanno il trucco alle case disabitate.

Finito il lavoro, sistemato il cadavere e la casa, l’Audi A6 riparte che è buio pesto. L’uomo rilascia di colpo la frizione, forse per via della stanchezza. Le ruote slittano, ma subito l’elettronica rimedia e l’uomo sorride soddisfatto dell’ultimo acquisto.
*
Alberto è preoccupato e ansioso, e non dà peso all’ansia che trasmette all’amico:
«Certo che devi andare alla polizia! E senza aspettare un minuto di più.»
«Tu sai cosa vuol dire? Basta un niente per montare uno scandalo.»
Anche Mario è preoccupato, e questo lo fa sembrare ancora più vecchio, ma a differenza di Alberto si sforza di ragionare. Prova a valutare la situazione nel suo complesso.
«Mario, non c’è calcolo che tenga! E anche se tutto si risolverà in un capriccio, bisogna fare qualcosa. Lascia stare le conseguenze sulla campagna elettorale, hai un margine altissimo.», poi, in tono greve conclude: «Mario, devi denunciare la scomparsa di Marta. Se non lo fai tu lo farò io!»
*
- Sono contenta che la prendi così. Che mi capisci. Questo è un momento troppo importante per me.
- Mi conosci, no? Lo sai che voglio solo il tuo bene.
- Sì, lo so.
*
«Avvocato! Che ci fa da queste parti?», esclama l’agente all’ingresso.
«Devo parlare con qualcuno di fiducia.»
«Dovrà parlare col nuovo Commissario, avvocato. Come sa dopo gli scandali ora c’è gente nuova. Venga, il Dirigente è un po’ strano ma non è male.»
L’agente bussa, infila la testa nell’ufficio del Commissario e annuncia:
«Dottore, c’è l’avvocato Celoni, – poi aggiunge sottovoce – è quasi Onorevole.»
Il Commissario fa cenno di far passare.

«Commissario Avagliano, la prego si accomodi, avvocato»
Mario Celoni si introduce brevemente e va subito al sodo:
«Commissario, mia moglie non rincasa da due notti.»
Avagliano soppesa il tono delle parole poi domanda:
«Vuole denunciare?»
L’avvocato conferma: «E’ la prima volta che succede!», e aggiunge «Lei sa che tra tre settimane nel nostro Collegio ci sono le suppletive. Beh, io sono il candidato favorito»
«Quasi Onorevole», commenta Avagliano.
«…capisce? In questi casi tutto fa campagna elettorale.»
«So capite», commenta il Commissario nel suo dialetto pescarese scuotendo il capo.
Quindi, prende a informarsi: rapporti nella coppia; abitudini della donna; amicizie; affari, dell’avvocato e della moglie. Tutto.

L’avvocato risponde a fatica – di solito è lui che fa le domande -, ma nonostante questo il Commissario pensa che lì ci sia tanto di quel materiale da indagare fino a fine carriera.
La donna comunque ha sane e precise abitudini e, oltre a lavorare nello Studio del marito, si concede solo palestra e centro benessere. Ma anche in questi limitati spazi l’avvocato ha messo il naso e scoperto che entrambi le strutture appartengono a un certo Fiumani, un tipo con precedenti per truffa e droga, ma che ora pare a posto. E sa di alcuni contatti tra l’uomo e sua moglie.

«Avvocato, - stringe Avagliano - verificheremo i ricoveri ospedalieri e tutte le segnalazioni d’incidenti. Per indagini più approfondite però, Fiumani ad esempio, ci vuole la formalizzazione della scomparsa.», poi, cambiando tono, «Mi dica, ipotizzando che sua moglie abbia deciso di allontanarsi volontariamente, potrebbe alloggiare in qualche vostra proprietà sfitta?»
«Beh, ne abbiamo diverse di proprietà libere: qui a Latina; una casa a Sermoneta che fittiamo l’estate; la villa di Sabaudia… e poi c’è la casa a Cortina…»
«Ok, ok – lo interrompe Avagliano –. Verifichi se le chiavi ci sono tutte e se sono al loro posto. Semmai daremo un’occhiata, almeno a quelle più vicine
*
- Un figlio è tutto quello che ho sempre desiderato dalla vita, lo sai?
- Sì, lo so.
- E tu? Cosa farai ora?
- Io? Beh io…
*
Decisi a fare visita alle proprietà sfitte, l’avvocato e Avagliano siedono sui sedili extralusso della Mercedes.
L’auto sfreccia indifferente alla pioggia che cade copiosa e ai fiumi d’acqua che tagliano i tornanti che s’inerpicano per i Lepini.
«A lu mare ha ditte!»
«Come dice, Commissario?»
«Il mio Superiore, mi aveva detto: “Ti mando al mare”. E lu mare ecche sta sopre e sotte.»
«Aaah…»

Il tour per le case vicine, che l’avvocato è riuscito a ricordare di possedere, si rivela un buco in un mare d’acqua, ma con almeno un paio di aspetti decisamente positivi.
Il primo è stato il pranzo che Celoni ha voluto offrire ad Avagliano – offertogli a sua volta da un ossequioso ristoratore –. Un pasto eccezionale, in perfetto equilibrio tra il mare e la montagna. Annaffiato da un sorprendente moscato del Circeo.
Il secondo aspetto: i panorami carichi di sfumature di colore che si insinuano nell’animo del Commissario, commosso dal cibo e dal vino, e che gli strapazzano le viscere.
*
- Marta, vediamoci un’ultima volta. Per dirci addio. Poi tu e il tuo bambino ve ne tornerete da lui ed io sparirò per sempre dalla tua vita.
- D’accordo. Un’ultima volta.
*
«Allora Mario, chi è questo?» Alberto sgrida l’amico come un bambino. «Il fatto che ti abbia accompagnato in gita, pranzo incluso, non è un’indagine! E intanto di Marta nessuna traccia!»
Mario tiene lo sguardo basso.
«Può essere successo di tutto! – prosegue Alberto – Un incidente, ci sono frane, alluvioni ovunque! E poi quel Fiumani! Sai bene chi è, e sai anche che si vede con Marta.»
«Te l’ho detto, per lui occorre la denuncia.»
«E allora rivolgiamoci ai nostri amici
«No! Non voglio mettere in mezzo quella gente. Dentro loro, io non avrò più nessun potere. E poi questo… Avagliano, è uno discreto. Dobbiamo stare calmi, Alberto.»
«Non ci riesco. Non sopporto l’idea di non poter fare nulla per riportare a casa Marta.»
«Alberto, - fa Mario greve - mi convinco ogni istante di più che Marta se ne è andata di sua volontà. E’ questo forse che temo di scoprire.»
Li interrompe il telefono.
«Pronto?»
«Avvocato, Avagliano. Ho da darle una terribile notizia»
*
«L’ha trovata un Forestale, durante un’ispezione.»
Una pioggerellina fina penetra il tetto di vegetazione e cade dritta sulle loro teste. Avagliano, Celoni e un paio di agenti, osservano attoniti la scena.
La fossa dove il cadavere di Marta era stato sotterrato è stata completamente scavata dai cinghiali. Il sacco di nylon nero, strappato in più punti, scopre parti del corpo nudo. Un pallore assoluto contrasta col fango che lo insozza.
La cosa più impressionante però è il volto di Marta, con gli occhi sgranati di terrore e di incredulità.
«E’ assurdo! – esclama l’avvocato sconvolto – chi può aver fatto una cosa del genere? Chi ha potuto farle questo?», e d’istinto si appoggia ad Avagliano che è costretto a offrirgli il suo supporto.
Attorno a loro cala un silenzio irreale. Si sente solo il suono della pioggia che carezza il pelo immobile dell’acqua del lago.
D’un tratto il fragore di un motore infrange il silenzio e un istante dopo Alberto irrompe a valanga:
«Mario! Marta!»
Alberto si getta nella fossa e s’inginocchia sul corpo della donna. Avagliano con uno scatto improvviso lo afferra per la collottola e lo ricaccia fuori. Poi, furibondo, lo aggredisce:
«Ma chi cazze si’ tu?»
«Ma chi è lei?» gli si rivolta questi sostenendo l’occhiata astiosa.

Nel giro di pochi minuti la solitudine mistica del luogo leggendario è spazzata via dall’operare frenetico degli investigatori. E il buio, precoce, violentato dalle fotoelettriche e dai bagliori blu dei lampeggianti.
L’avvocato non dice una parola ormai da parecchio. Si è rintanato dentro la villa ed ha perfino smesso di pensare alle elezioni.
Alberto, invece, fa la spola tra il bosco e la casa. S’intrufola tra gli agenti della scientifica ostacolandone il lavoro, toccando tutto, poi torna dall’amico per cercare di consolarlo con frasi inascoltate e banali.

«Allora?», domanda Avagliano al Capo degli uomini della Scientifica.
«Di sicuro è stata strangolata, ma il resto è tutto da capire.»
Il Commissario non si aspetta di più. Si aggira nervoso, e qualcosa lo infastidisce nel colletto della camicia. Non sa cosa fare. Non ha senso interrogare l’avvocato ora. Così, un po’ per ingannare il tempo, un po’ per una sincera antipatia, decide di interrogare quel tale Alberto.
Si chiudono in cucina:
«Signor Mardegan, le dispiace ripetermi in che rapporti è con la famiglia Celoni?»
«Sono suo socio»
«Unico socio?»
«Sì, ma con quota simbolica direi. Principalmente, però, mi ritengo amico di famiglia. Per Mario quasi un figlio ed ero molto affezionato a Marta.»
«E in merito al delitto?»
«Non so …o meglio, preferirei non sapere.»
«Sospetta qualcosa?»
«Marta era molto più giovane di Mario. Lui sempre impegnato, ora anche con la candidatura – fa una pausa – Fatico addirittura a pensarlo… sì, insomma, lei lavorava allo Studio tutto il giorno, eccetto…»
«Eccetto la palestra e il centro benessere del Fiumani»
«Esattamente.»
«Quindi sospetta...»
Avagliano non riesce a concentrarsi, si tocca continuamente il collo, poi all’improvviso domanda:
«Mi scusi, ci sono delle forbici?»
«Sì», Alberto apre un cassetto prende le forbici e le dà al Commissario, il quale si allenta il colletto della camicia, taglia di netto l’etichetta ed è subito più tranquillo.

Nel frattempo, fuori, i rilevamenti sono terminati e il cadavere rimosso. Ad Avagliano, quindi, non rimane che andarsene. Alberto, invece, sembra non volerne sapere, segue tutto e scorta il Commissario alla sua auto.
Appena questi avvia il motore e imposta la sterzata per risalire il vialetto, Alberto fa un cenno con la mano. Avagliano non capisce.
«Allarghi la curva, altrimenti slitta e resta lì.», spiega Alberto.
Avagliano lo guarda perplesso.
*
- Certo chi l’avrebbe detto!
- e sì, dopo tanti anni chi ci credeva più! Per prima io… questo sconforto mi ha spinto verso di te. Solo adesso me ne rendo conto.
 - Così mi ferisci.
- Ma è la verità.
*
Man mano che arrivano i riscontri il quadro si fa più chiaro, ma solo a sera Avagliano ha elaborato una strategia.
Esce ed è già buio. Decide di andare a piedi e chiede di essere raggiunto da una pattuglia di lì a una mezz’ora.
La pioggia s’è fatta fina come la nebbia, e come la nebbia penetrante e fredda.
Avagliano percorre un tratto di Corso della Repubblica, all’altezza di Piazza San Marco prende per Via Gramsci e in pochi minuti è nel lussuoso Studio dell’avvocato Celoni.
La segretaria lo accompagna dall’avvocato e dopo pochi secondi arriva anche Alberto.
«Ah, Commissario!», esclama questi fingendo stupore.
Avagliano lo fulmina con uno sguardo, poi rivolto all’avvocato:
«Le dispiace? Avrei bisogno di parlare da solo con lei.»
Alberto esce sbattendo la porta.
«Andavate spesso alla villa di Sabaudia?»
«Soltanto l’estate.»
«E il suo socio? »
«Lui poi! Al massimo ci sarà venuto un paio di volte. D’estate è sempre in barca. Ma mi scusi, che c’entra questo?»
«Curiosità. Mi dica, invece, la disgrazia ha cambiato i suoi progetti?»
«La candidatura?», Avagliano annuisce, «No. Vede Commissario, spesso ci sono cose più grandi di noi. Perciò, io sarò eletto come previsto e lo Studio sarà affidato ad Alberto.»
«Al suo socio? Capisco… Lei sapeva che Marta era incinta?»
Celoni sgrana gli occhi e il fiato gli rimane incastrato in gola che quasi soffoca. Poi, prova a rispondere:
«Ma cosa dice, Commissario? Io e mia moglie ormai c’eravamo rassegnati a non avere…»
«Avvocato, può chiamare il suo socio?»
Celoni, frastornato, fa chiamare Alberto che li raggiunge poco dopo. Avagliano domanda:
«Signor Mardegan, può spiegare al suo amico perché ha ucciso Marta?»
«Ma cosa diavolo dice!» fanno all’unisono i due a un passo dall’aggredire il poliziotto.
«Signori! - li blocca Avagliano - Io posso garantire, e a breve anche dimostrare, che Mardegan è stato nella villa di Sabaudia insieme a Marta, che i due hanno fatto l’amore e che poi lui l’ha uccisa. Quello invece che non posso dire è perché l’ha fatto.»
Il volto di Alberto è teso e livido, mentre quello dell’avvocato inondato da una rabbia cieca.
«Convincimi Alberto! Convincimi che questo signore è un pazzo e si sta inventando tutto. Convincimi, perché se non ci riesci per te al mondo non esiterà posto sicuro. E non manderò sicari a cavarti gli occhi. Lo farò io, con le mie mani!»
«Mario, non crederai mica…»
«Signor Mardegan, - insiste Avagliano - avere le prove sarà un gioco da ragazzi.»
«Bastardo!» Mario afferra Alberto per il collo. «Bastardo! L’hai messa incinta e poi l’hai ammazzata!», gli urla stringendo deciso.
Alberto si dimena, cerca di liberarsi. Guarda implorante Avagliano che non muove un dito. Infine, a fatica, riesce a biascicare:
«Fermati, ti prego!»
Mario ha un’esitazione, Alberto respira, tossisce, recupera la voce:
«Sì! Sono stato io.»
«Non hai accettato tuo figlio, vero?»
«No, quel il figlio era tuo. Marta ne era certa», Mario ha un tonfo al cuore e sente la testa esplodergli «...e per questo aveva deciso di lasciarmi.», conclude Alberto.
Mario si libera di lui come d’un cencio:
«Come hai potuto fare una cosa così atroce? Come hai potuto portarmi via mia moglie e mio figlio, Come?! Figlio di puttana!»
«Perdonami ti prego. Non ce l’ho fatta. Non sopportavo che Marta mi lasciasse.»
«Che cazzo dici!», ruggisce Mario.
Avagliano, che ha appena chiuso il telefono, lancia ad Alberto un’occhiata disgustata e domanda:
«Mi dica, Mardegan, cosa pensava la signora del fatto che a breve lo Studio sarebbe passato nelle sue mani? Che lei sarebbe diventato il suo Capo mentre suo marito, con ogni probabilità, sempre più lontano? Come si conciliava tutto questo con la volontà di Marta di lasciarla?»
«E’ per questo, allora! Marta non voleva che tu prendessi lo Studio!»
«E ancora, - prosegue Avagliano - cosa sarebbe stato del suo rapporto paterno con l’avvocato ora che un figlio lo avrebbe avuto davvero?»
L’irruzione degli agenti blocca sul nascere la reazione di Mario ed Alberto viene portato via.
*
Avagliano preferisce camminare, annusare quei posti che, pian piano, lo stanno conquistando, alla ricerca dell’umore della pioggia.


2 commenti:

  1. Questo Avagliano mi sta sempre più simpatico ... ma mi spieghi tu quando cazzo dormi?

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  2. Per chi se ne accorge, sempre. :-)
    Ma allora lo accendiamo 'sto Avagliano?
    Gli offriamo una nuova avventura?

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