venerdì 8 ottobre 2010

IENE! ...della Cronaca

Bastano poche molecole di sangue combinate all’aria che s’infila su per il naso. Un vago sentore di morte. Basta un guaito lontano, un flebile lamento che lascia presagire la sofferenza della bestia ferita. Basta un niente a scatenare l’eccitazione convulsa, il vociare assordante e concitato delle IENE.
Ed eccole le IENE che si gettano sull’ultimo CASO di CRONACA, che affondano la testa nelle viscere squartate della vittima, eccole strappare brandelli di carne, bere il suo sangue ancora caldo e leccarsi i baffi.
SARA, è il titolo dell’ultimo Caso di Cronaca con cui oggi si sfamano le bestie. L’ultimo pasto. Troppo lungo sarebbe l’elenco delle vittime del branco che, limitandosi all’era della TV vanno da ALFREDINO ai FRATELLINI di GRAVINA e oggi a SARA.
Le IENE non risolvono i Casi non agiscono secondo una morale, debbono soltanto di sfamare la loro insaziabile fame. Girano attorno all’animale agonizzante cercando di anticiparne il destino. Interpretano il Destino quando, avvicinandosi a un Caso, ne decretano l'inevitabile sorte. Non che le IENE portino sfiga, è che dal sangue e dalla morte che loro traggono nutrimento.

Fermarle non è possibile, è l’istinto che le guida. Inutile provare a modificarne l’indole, a domare la bestia. Saranno sempre lì, pronte a gettarsi sul prossimo Caso, non appena un fremito nell’aria porterà nuovi segnali di sofferenza, altro odore di sangue e di morte. E più tarderà quel pasto e più feroce sarà il prossimo assalto.

Ma se non è possibile fermare il branco famelico, perché non si riesce almeno a tapparsi le orecchie e zittire quel canto malato? Perché ci ostiniamo ad assistere al putrido banchetto? Perché ci facciamo partecipi di quell’osceno sabba?
Nel mondo animale, nel nostro mondo, la domanda da porci deve essere di tipo “funzionale”: quale funzione, quale ruolo, quale servizio al Sistema offrono le IENE?
Allora basta guardare l’infame capannello per trovare la risposta. Basta osservare le bestie mentre spolpano le ossa della tragedia fino a l’ultimo residuo di dolore, mentre bevono il torbido liquido del dramma. Basta guardare il vuoto che lasciano a lavoro finito. Un fantastico lavoro, non c'è che dire.
Le IENE imbandiscono la tavolata con la tragedia, distendono al centro della piazza i corpi della/delle vittime del Sacrificio. Condiscono il piatto col vero e col falso, con la lacrima e con l’urlo, con la preghiera e la bestemmia, con la verginità e la sodomia. Spremono l’animo umano cavandone tutto lo sporco.
Mettono tutto fuori. E tutto il male è lì, in mezzo alla piazza. Poi, danno inizio al Sacro banchetto. Ingurgitano tutto e fanno pulizia di tutto.
Noi osserviamo e partecipiamo al rito convinti che ciò ripulisca anche lo sporco, il male, lo schifo che abita dentro ognuno di noi.
Questo è il prezoso lavoro delle IENE, spazzini dei sottoscala delle nostre anime.

3 commenti:

  1. Le iene non "debbono soltanto sfamare la loro insaziabile fame". Per quello bastano i maiali. Le Iene sono peggio ... della fame fanno spettacolo, teatrino, per loro esclusivo tornaconto. Ed è quasi impossibile non alimentare quel circuito perverso che gli fa guadagnare tanta più notorietà quanto più lo spettacolo che offrono è terribile e cruento.
    Perché le Iene sono tante, tantissime, più dei maiali. Purtroppo non ci si può appellare ad un'etica ... forse i maiali hanno una seppur remota etica ma le iene decisamente no. Loro fanno il loro mestiere, sono altri che non fanno quello che dovrebbero fare.
    La dignità è un sentimento sopito in chi assiste e sconosciuto a chi trasmette. E questo è grave!
    La mia anima però io non l'ho messa nel sottoscala ... io lo so che lei ce l'ha una dignità ed è pure sveglia o perlomeno è quanto cerco di fare tutti i giorni, tenere sveglia la mia anima con tutta la sua dignità.
    Ed è per questo che credo di avere il diritto di mandare affanculo iene e maiali. Con dignità!

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  2. Messa così la questione, ne deduco una condanna complessiva alla cronaca nera in senso assoluto. Neghi che essa abbia un senso e un valore.
    Vero che un certo utilizzo della cronaca sia una modalità finalizzata alla neutralizzazione dell’attenzione, frutto di un sapiente progetto politico costruito negli anni, a piccole tappe, che ha trasformato la percezione degli eventi drammatici nelle menti delle persone. Ma quando anche il dramma diventa spettacolo di puro intrattenimento e su cui chiacchierare all’infinito, divertendosi finanche a ipotizzare le morbosità più recondite, be’, la cronaca nera ha fallito. E ha fallito perché da cronaca è diventata spettacolo. E con essa ha fallito il cittadino, che dalla cronaca nera dovrebbe ricevere stimoli per riflettere, per imparare a non fermarsi alla superficie delle cose, per apprendere che il male è spesso la risposta a realtà più complesse, per imparare che l’animo umano nasconde mille sfaccettature, che il male è una cosa che appartiene all’uomo. Che lo si voglia o no: Homo homini lupus.
    Il giornalista di cronaca nera non è un investigatore dei fatti in sé – per quello ci sono i funzionari dell’ordine pubblico - ma dei processi, delle dinamiche e delle realtà variabili. Della vita. In questo senso, la cronaca nera si avvicina non poco alla funzione che aveva la tragedia nell’antica Grecia. Nell’ Attica, la tragedia era vissuta come un momento collettivo. Tutti, in occasione delle grandi Dionisiache, uomini, donne, bambini, anziani e schiavi erano obbligati a partecipare alle rappresentazioni tragiche. Si mettevano in scena omicidi, incesti, infanticidi. Atti di cannibalismo ( Tieste). Ma niente di irrazionale vi è in tutto ciò. La tragedia greca è rappresentazione ancestrale del mito, è opera fortemente razionale, ed è per questo che Freud la utilizza per spiegare la sua teoria psicanalitica. E così, assistere, partecipare fisicamente ed emotivamente alla tragedia, permetteva all’uomo di liberarsi dalle passioni e di recuperare un equilibrio psichico necessario per riprendere il dominio delle proprie funzioni razionali. Un modo per liberarsi dell’inconsapevolezza e divenire partecipi degli eventi. Per conoscere l’uomo.

    “ Proprio in questo, nel cogliere l'essenza della vita, la tragedia e l'arte in generale divengono la giustificazione estetica della vita. In altre parole l'esperienza che lo spettatore vive durante la tragedia rende la vita possibile e degna di essere vissuta. L'uomo attraverso la tragedia si riappropria delle sue passioni contrastanti e realizza che gioia e dolore sono entrambi necessari, sono entrambi presenti nella vita. Impara a godere tanto dell'uno quanto dell'altra. Egli apprende la natura tragica della vita. ”
    (F. Nietzsche, La nascita della tragedia)
    Con questo non voglio dire che la cronaca nera abbia un potere catartico, ma di sicuro l’intento di guardare all’uomo nella sua totalità, all’uomo come persona e animale sociale.
    Tu citi il caso di Alfredino, be’, allora la cum-passione, il patimento comune fu molto più forte della spettacolarizzazione. E, se ben ricordi, quell’evento insegnò molto a molti.
    Ho atteso ore una madre a cui era stata uccisa una figlia. Ho ascoltato nei processi le testimonianze di bambini che avevano subito violenza. Ho raccolto le lacrime di chi aveva ritrovato nel pozzo i corpi dei propri figli. Non mi sono mai sentita una iena. E non ho mai fatto spettacolo di tali tragedie. E non sono una mosca bianca.
    Cerchiamo allora di scindere lo spettacolo dalla cronaca. Le iene non sono i cronisti, ma le migliaia di persone che passano le ore davanti a spettacoli che di cronaca hanno ben poco. E chi, con l’informazione c’entra poco e niente. Cerchiamo di farci un collettivo esame di coscienza per capire perché, in Italia, le cose – e non solo l’informazione – sono sempre e costantemente distorte. E non c’è niente di armonico in tale distorsione.

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  3. Anna,
    hai centrato in pieno, e illustrato magistralmente, il cuore del mio intervento che, in sostanza, si concentra nelle frasi che riprendo:

    “Le IENE imbandiscono la tavolata con la tragedia, distendono al centro della piazza i corpi della/delle vittime del Sacrificio…” e “….Noi osserviamo e partecipiamo al rito convinti che ciò ripulisca anche lo sporco, il male, lo schifo che abita dentro ognuno di noi.”.

    Stiamo dicendo esattamente la stessa cosa. Perciò, ti ringrazio di aver arricchito e ampliato così bene il concetto che faccio mio.

    Solo un punto mi preme di ribadire, le “Iene! …della Cronaca”, non sono i cronisti, i giornalisti, o perlomeno non lo sono tutti. Ma è chiunque (mi quoto nuovamente) “Condisca il piatto col vero e col falso, con la lacrima e con l’urlo, con la preghiera e la bestemmia, con la verginità e la sodomia.” .
    Insomma, chi aspetta la mamma a cui era stata uccisa la figlia fuori dall’obitorio per chiedergli: “cosa prova?”. …per non parlare dei professionisti del plastico…

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